STORIA DI SANREMO

UN PO' DI STORIA

Reperti archeologiciQuando il rinoceronte correva nella piana dell'Armea c'è stato un tempo, forse 30, forse 60 mila anni fa, in cui il cacciatore del ponente ligure doveva affrontare ben altro che i cinghiali: il suo "coinquilino", l'orso delle caverne, aveva un pessimo carattere, arrivava a tre metri di lunghezza, ed era fornito di zanne adeguate a un testone di tutto rispetto (il maggior cranio d'orso rinvenuto in Liguria misura 47 cm dalla nuca al naso). 
Anche quando era indebolito dal lungo letargo non costituiva certo una facile preda, specie se la sola arma a disposizione era una selce scheggiata. 
Nel territorio di Sanremo la piu antica testimonianza di homo erectus, ritrovata a Bussana nella grotta della Madonna dell'Arma, risale all'ultima glaciazione quaternaria. 
Prima di questo periodo l'aspetto della Liguria non era molto diverso da quello attuale, ma il mare risultava piu alto di una decina di metri; in seguito vi fu un abbassamento del livello marino di quasi trenta metri che determino il formarsi di una fascia costiera con un clima adatto alla fauna tropicale, e qui che si svilupparono, oltre all'orso della caverne, una varietà di animali che oggi ci appare quasi incredibile: il leone, il leopardo, 1a pantera, la iena, l'elefante "antico" e perfinoil rinoceronte di Merck e l'ippopotamo, che probabilmente sguazzava nelle paludi alle foci dell'Armea e dell'Argentina, mentre nelle foreste sulle colline vivevano cervidi e bovidi, Attorno al 1960 si effettuarono degli scavi lungo il versante orientale della collina della Pigna, non lontano dal torrente San Francesco, e il risultato fu un'insperata quantità di manufatti, per lo piu raschiatoi e coltelli di forma particolare, detti "a dorso abbattuto". 
In tutto circa 3000 straordinari pezzi di quel periodo in cui l'uomo di Neanderthal cominciava a spingersi sulle spiagge, dove avrebbe abitato in permanenza nei millenni successivi; molti di quei reperti sono oggi visibili nelle sale del Museo Archeologico di Sanremo a palazzo Borea d'Olmo, testimoni tangibili della costante evoluzione nel costruire gli arnesi e nel mettere a punto le tecniche di caccia dei nostri progenitori. 
Baiardo le ultime tracce della cultura celto-ligure Intemeli e Ingauni, le antiche popolazioni del ponente ligure, contennero le invasioni dei Greci, ma non riuscirono a impedire l'ingresso di gruppi provenienti dal centro Europa che, in maniera per lo piu pacifica, si fusero con la popolazione locale, dando origine a ceppi celti-liguri. Stessa cosa avvenne in Provenza, e anche da questa terra vi furono migrazioni verso la costa ligure. Certe feste dei paesi dell'entroterra conservano ancora tracce degli antichissimi retaggi: 
Baiardo , paesino circondato dai boschi a poco piu di 20 km da Apricale , si celebra da secoli, in concomitanza con la Pentecoste, la "festa della barca", una sceneggiata cantata, danzata e mimata che racconta una tragica storia d'amore. 
C'è chi dice si ricolleghi ai riti druidici; quel che e certo e che le composizioni musicali che accompagnano il ballo hanno un'inconfondibile origine provenzale. 
San SiroDal 180 a.C. i Romani, invasori vittoriosi, sovrapposero la loro cultura a quelle preesistenti; Sanremo divenne allora Villa Matutiana, dal nome della dea dell'aurora o, piu prosaicamente, dalla gens Matutia, un'importante famiglia locale, 
La scoperta, sotto l'attuale via Cappuccini, di una necropoli databile a poco prima del 100 d.C. (reperti sono visibili al Museo Archeologico di Sanremo), ha permesso di individuare nella bassa collina detta "il Piano", la sede del nucleo piu antico della Sanremo romana. I resti di due ville rurali dell'epoca hanno fornito dati sugli usi e l'organizzazione sociale degli antichi inquilini: quella che sorgeva allo sbocco del torrente Foce, risalente al III secolo d.C., nota oggi come Villa Matutiana, possedeva un proprio complesso termale. 
Ma il sito piu affascinante è quello corrispondente al colle di San Siro , dove sorge il Battistero costruito in epoca barocca; in questo luogo, ritenuto sacro all'epoca dell'occupazione romana (ma quasi certamente terreno sacro o "magico" già da prima), si sono trovate tracce di costruzioni erette le une sui resti delle altre, per secoli e secoli fino al declino de1l'impero, Nella cappella a destra del Battistero, una scala che scende sotto il livello del pavimento permette di visitare la zona archeologica. 
In piena Sanremo, ai piedi della Pigna, circondata da un'aiuola, svetta la Torre della Ciapela
E' una massiccia costruzione in pietra che faceva parte delle mura della città. 
La maggior parte dei sanremesi la chiama "Torre dei Saraceni", e in effetti la fortificazione fu costruita attorno al '500 come difesa contro gli assalti barbareschi. 
Le invasioni di queste tribù arabe, convertitesi all'Islam attorno al 630 e divenute un micidiale esercito in marcia verso il bacino del Mediterraneo, segnarono per sempre l'intera storia della Liguria occidentale. 
Nell'838 i pirati investono Ventimiglia mettendo a ferro e fuoco il territorio tra il Roja e il Nervia (ne fa cenno anche Gerolamo Rossi nella sua storia di Sanremo); nell'891 investono Villa Matutiana trasformandola in un cumulo di rovine, poi tocca a TaggiaOneglia , in un'escalation destinata a portare gli infedeli fino a Genova, che v'erra saccheggiata nel 935. 
Ma volendo assumere lo scomodo ruolo di avvocato del diavolo, occorre riconoscere che le scorrerie e le invasioni dei pirati erano favorite dalla tendenza dei principi locali a farsi guerra fra di loro piu che a ostacolare i seguaci di Maometto, e che molti disastri attribuiti a costoro erano in realtà opera di combattenti "cristiani" che facevano lega con l'invasore per i soliti interessi privati. E se il ricordo degli orrori saraceni rimane ancora nelle leggende liguri, e a loro che si deve peraltro la costruzione di un'ampia rete di strade, l'introduzione nel nostro territorio della ruota ad acqua per i mulini e di colture prima sconosciute come il pero, il susino e, appunto, il grano saraceno. 
Qualcosa di piu, forse, dobbiamo a questi feroci predoni, che a distanza di secoli ci ricordano ancora le loro calate in Liguria anche attraverso i capelli corvini e la pelle olivastra di tanti bei discendenti ponentini, meglio francesi e sabaudi piuttosto che i genovesi. 
Il Porto
Nel '400 Sanremo era "convenzionata" con Genova, faceva cioè parte di quelle città e borghi della riviera ponentina che avevano patteggiato, facendo di necessità virtù, una forma di sottomissione con la città piu forte; si trattava comunque di paesi "federati" e non "sudditi", e le spinte autonomistiche di Sanremo, come pure di Albenga, Ventimiglia e altre località della costa occidentale, spesso raggelavano i rapporti con la "Dominante". 
Il porto di Sanremo, unico scalo di una certa importanza nell'estremo ponente ligure, tra il medioevo e l'età moderna fece in un certo senso le spese della diffidenza genovese verso una possibile concorrente commerciale, per giunta così poco mansueta. 
Sin dalla prima meta del XIII secolo i sanremaschi lavorarono alacremente per migliorare le strutture di quello che inizialmente era un molo di modeste dimensioni, destinato soprattutto a protegge il bacino dalle correnti. Nel corso del secolo successivo l'attività commerciale della zona aumento; il porto doveva crescere e divenire piu solido, anche come protezione contro i pirati, ma Genova prese a frapporre ostacoli di vario genere all'edificazione di nuove strutture. 
Tra l'altro, come faceva giustamente osservare la città convenzionata, un valido approdo in zona sarebbe stato utilissimo alle galee genovesi in cerca di una postazione avanzata verso la Francia. 
Le concessioni per il porto erano pero per il governo della metropoli un'efficace arma di ricatto verso i sanremesi: permessi e proibizioni (e pesanti gabelle) si alternavano in base al comportamento degli irrequieti rivieraschi. 
Questa catena politica peso sulla città in modo evidente dall'inizio del XIV secolo fino alla fine del XVIII, e contribuisce a spiegare perché i sanremaschi accoglievano a braccia aperte chiunque potesse presentarsi come un "liberatore" da Genova, fossero i sabaudi o addirittura, come alla fine del Settecento, l'esercito francese. 
II campanile mozzato per punire i rivoltosi Lo strano "campanile mozzo" dellabasilica di San Siro (la parte terminale e stata ricostruita nel dopoguerra in un discutibile stile pseudo barocco) e legato al ricordo di giorni di sangue per gli antichi sanremaschi, Nel 1753, in seguito al trattato di Acquisgrana che restituiva a Genova gli antichi domini, un commissario della Repubblica veniva inviato dal senato a vegliare sulla fedeltà di Sanremo. 
Il borgo di Colla (l'odierna Coldirodi), però, grazie anche alle pressioni del commissario Giuseppe Doria, chiedeva di staccarsi dall'amministrazione comunale di Sanremo per passare sotto quella genovese. Genova, allora, ne approfittò inviando il generale Vinzoni affinché determinasse i nuovi confini tra le due città. 
I Sanremesi non vollero accettare l'imposizione che sapeva di beffa ed entrati nelle sale del Comune, dove il commissario genovese e il consiglio comunale stavano trattando, insorsero in nome della libertà. 
Il campanile della chiesa di San Germano chiamo tutto il popolo a raccolta e una legazione venne inviata in Piemonte a chiedere la protezione sabauda contro Genova, mentre sia il Doria che il Vinzoni venivano arrestati. 
Fu istituito il Magistrato della guerra per organizzare la difesa in attesa dei soccorsi piemontesi che, invece, non arrivarono affatto. 
Era il 12 giugno, il giorno dopo comparve in vista di Sanremo una piccola flotta che non prometteva nulla di buono; erano i genovesi guidati dal generale Agostino Spinelli, che intimava la resa entro due ore pena la messa a ferro e fuoco della cittadina. 
Stretta la città in una morsa, lo Spinelli propose di concedere salvi l'onore, la vita e i beni in cambio della deposizione delle armi, ma sottoscritte le condizioni i Sanremesi si ritrovarono in balia dei soldati genovesi e del loro comandante. 
Benché ottenute le notevoli somme di denaro richieste, il generale genovese imprigiono e mise ai ceppi i capi della rivolta, abolì gli statuti comunali e distrusse gli stemmi cittadini che si trovavano nelle chiese e sui pubblici edifici. 
Fece saccheggiare Borgio e Verezzi e, non contento, deturpo la chiesa e il campanile di San Siro privandolo della sua gloriosa campana e demolendo la torre: era proprio il giorno in cui Sanremo avrebbe dovuto festeggiare il patrono San Siro. 
Dopo quattro secoli di dominazione genovese, nel 1797, sulle ali della Rivoluzione francese, Sanremo diveniva, con la costituzione della Repubblica Ligure, sede del Distretto delle Palme che si estendeva con i suoi 10 cantoni sino a Ventimiglia. 
E nel volgere di pochi anni, grazie alle conquiste napoleoniche e alla formazione dell'impero francese, riusciva ad affrancarsi dalla sudditanza nei confronti della Superba. 
L'importanza della Campagna d'Italia, in questo contesto, fu determinante;Sanremo, d'altronde, rappresentava strategicamente un corridoio naturale verso il Piemonte e allo stesso tempo la via per un'eventuale ritirata dei ventimila uomini dell'armata d'Italia agli ordini del generale Massena
Nel 1805 una delegazione composta da patrizi locali si era recata a Genova per ossequiare il grande Corso, re d'Italia, e ringraziare il sovrano della scelta di Sanremo quale centro amministrativo e sede della sottoprefettura, "Maire" e cioè sindaco e presidente del circondario era stato nominato il marchese Tommaso Gio Batta Borea d'Olmo. Elevato al rango di sottoprefetto, fu proprio per volere di lui che nel santuario della Madonna della Costa il vescovo di Albenga, monsignor D'ANIA, benediceva e collocava in un'apposita cappella, dopo una solenne cerimonia, un quadro a dir poco inusuale: l'immagine di un fantomatico San Napoleone. 
Al di là di queste paradossali manifestazioni, si deve al rinnovato fervore della nuova amministrazione, che vantava elementi francesi e italiani al suo interno come il Borea stesso, il Laforet e il Chesepot, la progettazione della strada litoranea di cornice che doveva cambiare il volto, con il suo completamento in età risorgimentale, di questo lembo di Liguria: finalmente il mare non avrebbe piu rappresentato, assieme alle mulattiere ed ai sentieri, l'unica via di comunicazione per i viaggiatori ed il trasporto delle merci.
Monumento a GaribaldiCosì la dolce vita nella Sanremo fine secolo quando si bagnavano nelle acque cristalline della spiaggia dell'Arenella, tuffandosi per divertimento dalla rotonda dello stabilimento che si adagiava placida tra le spume delle onde frangenti, i signori aristocratici o borghesi erano soliti intabarrarsi, dopo il rituale effluvio, in candidi accappatoi di spugna, accollati e lunghi fino alle caviglie. 
Erano i tempi del caffè Venezuela, il piccolo ma frequentatissimo ritrovo degli sportivi, della edificanda via Verdi (la via "delle arie", come diceva una facezia dell'epoca) del concorso ginnico di Nizza del 1910, quando la locale squadra della "Speranza" guadagno una messe di premi. 
Epoca di mondanità e di spettacoli presso il Circolo Mandolinistico Euterpe, delle applauditissime rappresentazioni filodrammatiche realizzate dall'Unione Cristiana dei Giovani di corso Umberto, di colletti alti quattro dita, di ghette bianche e scarpe di lustrino, dei giornali fra due stecche, del cinematografo Marconi gestito dal sanremese Moraglia, del sindaco Orazio Raimondo che inaugurò il 26 aprile del 1908 di fronte ad una fiumana di gente, accorsa da ogni parte della Riviera, ilmonumento a Garibaldi, opera dello scultore Leonardo Bistolfi. 
L'epoca della "Gazzetta di Sanremo" sulle cui pagine inizio e affino la sua vis polemica Luigi Arnaldo Vassallo che di li a poco doveva diventare il famoso Gandolin, la penna piu acuminata che la Liguria abbia mai avuto. 
La cittadina divenne città, meta di ospiti graditi e prestigiosi, i piccoli caffè e le modeste osterie della Pigna si ritrovarono colme di dehors e di swinganti orchestrine. Ogni tanto un sovrano di un paese lontano, come il re del Siam nel maggio del 1907, scendeva dal treno accolto dall'amministrazione comunale al completo, con battipancia tricolore. 
Solo la guerra, nel 1915, poteva mettere fine alla gioiosa vita notturna, a quella frizzante voglia di vivere che spingeva i "foresti" ed i signori locali a ciondolare tra i fasti del caffè Rigollet e le puntate al casinò. 
D'Annunzio contro i "biscazzieri" di Castello Devachan 
Fuochi d'artificioIl 21 gennaio del 1920 si chiudeva la conferenza di Parigi che ratificava nella maniera più generale il trattato di Versailles. 
I successivi incontri tra le diplomazie avevano lo scopo di risolvere le questioni rimaste in sospeso e di riparare a quelle sorte dall'esecuzione dei trattati di pace.
A Sanremo si svolse uno di questi summit. 
Sotto l'egida della presidenza del consiglio italiano, Francesco Nitti diresse i lavori che videro la presenza dei capi di governo francese, Milleran3, ed inglese, Lloyd George, nonché dell'ambasciatore giapponese Matsui, dell'osservatore americano e di altri alti esponenti della diplomazia internazionale, 
Dal 19 al 26 aprile il Castello Devachan, edificato nei primi anni del secolo dall'ingegnere Pietro Agosti su incarico del conte di Mexbourough, fu il teatro delle schermaglie e delle decisioni che dovevano sistemare, una volta per tutte, la questione turca, con l'internazionalizzazione degli stretti, e l'assegnazione dei territori mediorientali, rivendicati da Francia e Inghilterra, Devachan in lingua indiana significa "Porta del paradiso", ma in quei giorni si era ben lontani da atmosfere idilliache: le diplomazie dei due paesi procedettero di comune accordo tranne per quel che riguardava la Germania, dove nei primi giorni di aprile un tentativo revisionista aveva cercato di cacciare da Berlino il nuovo governo repubblicano, e i contrasti si acuirono a tal punto che piu volte si giunse a minacciare la rottura della conferenza. 
Contrariamente alle speranze italiane, poi, a Sanremo non venne adottata alcuna deliberazione rispetto a Fiume, da dove un irato D'Annunzio (che definì tra l'altro il castello una "grossa villa di pessimo gusto") inviava la famosa "missiva ai biscazzieri di Sanremo", indirizzata non al personale del Casino, ma a coloro che non avevano voluto decidere le sorti della agognata cittadina istriana.

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